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Si diceva: “Tabarro e cappello fan l’uomo più bello”. …O si dice?

Originally posted on 7 Novembre 2016 @ 7:02

Il Tabarro questo sconosciuto. Eppure, ancora dopo secoli, questo indumento affascina e resiste implacabile alle mode.

Nel campo dell’abbigliamento, la parola tabarro indica un mantello a ruota da uomo che ha lontanissime origini. Realizzato in panno, grosso e pesante, di colore scuro, solitamente nero, ha un solo punto di allacciatura sotto il mento e viene tenuto chiuso buttando un’estremità sopra la spalla opposta in modo da avvolgerlo intorno al corpo.

Status? Stile? Simbolo? Tutti sinonimi sul Tabarro, che alternandosi tra di loro nel tempo, “apparentemente”,  fanno notare sempre la persona che lo indossa.

Vi erano due modelli: quello classico lungo fino al polpaccio, e quello, usato per andare a cavallo e poi in bicicletta, più corto.

Già nell’antichità se ne trova una forma molto simile a quella attuale; una sua derivazione è la toga dei patrizi e senatori romani.

In seguito, si ritrova nel Medioevo usato da cavalieri durante le investiture e dai medici e notabili nella vita quotidiana.

Nel Rinascimento cade quasi in disuso presso l’aristocrazia e la borghesia, ma rimane molto comune presso gli artigiani, i pastori (in lana sottoposta a follatura) e il mondo rurale in genere.

Nel Settecento, lo si vede in tutte le scene di piazza dei vedutisti veneziani, tanto da essere definito il “mantello alla veneziana”.

Nell’Ottocento ritorna in uso presso i dandy dell’epoca.

In Italia, durante il fascismo, viene considerato un elemento d’ispirazione anarchica, e soprattutto in città è praticamente proibito portarlo.

Sopravvive fino agli anni cinquanta del ventesimo secolo, usato in ambiente rurale e montanaro, viene descritto anche nelle opere di Giovannino Guareschi e nei film dell’epoca.

Oggi un imprenditrice a Venezia, lo ha rilanciato. E noi della Redazione da sempre attenti all’artigianato e l’imprenditoria locale, al Veneto eccellente, contro la massificazione di paccottiglie e improbabili souvenir veneziani, ve lo segnaliamo come simbolo di venezianità ed eleganza.

Un’idea originale, elegante ma sopratutto veneziana d.o.c.

Lei si chiama Monica Daniele e ha il suo Atelier in Campo San Stin nel Sestiere di San Polo al 2389.

E l’8 dicembre 2016, per ammirare questo capo della tradizione centenaria in tutto il suo contesto d’origine, in piazza San Marco alle 15 verrà organizzato il “Gran Liston in Tabarro” tra tutti gli appassionati del genere per ricordare Ezra Pound:  poeta, saggista e traduttore statunitense, che passò la maggior parte della sua vita in Italia – a Venezia in particolare – dove mori e fu sepolto nel 1972 .

A lui, che è stato parte integrante dello scenario veneziano degli anni 60-70 in particolare, è dedicata questa edizione straordinaria.

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Pubblicato il: 7 novembre 2016

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