Originally posted on 31 Agosto 2015 @ 9:54
È sotto gli occhi di tutti coloro che passano per il ponte della Libertà in entrata o in uscita da Venezia ed è impossibile non notarla si trova a solo 114 mt di distanza. Eppure, in pochi conoscono il suo nome, o la sua storia.
L’isola di San Secondo è un isolotto eroso dalle acque, ricoperto da piante e da vegetazione che sommerge quanto resta delle vecchie edificazioni militari ottocentesche.
Per circa otto secoli ha ospitato comunità monastiche attive e proprio grazie alla sua posizione ha svolto un importante ruolo nell’ambito delle comunicazioni tra la città d’acqua e la terraferma.
Inizialmente l’isoletta fu chiamata Sant’Erasmo perché nel 1034 la famiglia Baffo vi costruì una chiesa e un convento di monache benedettine per custodirvi un’immagine sacra raffigurante appunto sant’Erasmo, molto venerata dai pescatori ma fino a quel momento esposta a qualsiasi intemperia.
Il nome attuale venne aggiunto al primo, a partire dal 1237, quando vi furono portate da Asti le reliquie di San Secondo d’Asti.
La leggenda vuole che con l’arrivo del corpo del Santo nell’isola si vide sgorgare dell’acqua dolce da un pozzo che non ne ebbe mai, e che quell’acqua possedeva qualità miracolose.
Nel 1533 alle benedettine successero i domenicani, che provvidero a vari restauri. A partire dal 1569, in seguito all’incendio dell’Arsenale, la Serenissima decise di trasferire le polveriere in varie isole della Laguna e così fu anche per San Secondo. Nel 1576, allontanati i religiosi, l’isola divenne lazzaretto per gli appestati e, al loro rientro, i domenicani dovettero riattare il monastero e riedificare la chiesa, che fu consacrata nel 1608.
Nel 1937 fu utilizzata per operazioni di caricamento di ordigni bellici; dopo la guerra fu concessa in custodia a una famiglia e, per un breve periodo, fu utilizzata come allevamento di animali da cortile. Nel 1950 il Comune decise di restituirla al Demanio.
Agli inizi del secolo la superficie dell’isola era di circa due ettari mentre oggi, a causa dell’erosione, si è ridotta a poco più di un ettaro. La vegetazione arborea, costituita all’inizio del secolo da circa 200 acacie d’alto fusto e da alcuni alberi da frutto, s’è andata sempre più sviluppando in questi ultimi anni.