Originally posted on 10 Dicembre 2015 @ 10:04
Nei primi secoli della Repubblica era pericoloso girare di notte, perché la città non era illuminata e le strade buie spesso frequentate da malintenzionati che aspettavano l’arrivo di qualche malcapitato.
Se proprio c’era la necessità di transitare di notte, allora ci si doveva procurare una torcia o, come facevano i nobili, un servo che procedesse un passo avanti con un lume bene alzato.
Si pensò presto ad illuminare le strade e già nel 1128 le calli e le zone più malsicure (come il rio terà degli Assassini) avevano dei piccoli fanali ad olio, chiamati cesendelli, appesi ai muri; non facevano in realtà molta luce, ma certo rincuoravano i passanti.
Le spese venivano pagate dalla Signoria e la manutenzione affidata ai parroci; anche dei tabernacoli con una lampada votiva.
Partendo dalle zone centrali e spandendosi poi verso la periferia della città, l’illuminazione stradale migliorò piano piano nei secoli, richiesta sempre di più dai cittadini che, pur di rendere sicure le strade, si offrivano di partecipare alle spese.
Nel 1450 si decretava di porre quattro grosse lampade sotto i portici di Rialto per rischiarare la zona, ritrovo di omosessuali; attorno al 1720 i bottegai cominciarono a tenere fuori dal loro negozio delle lanterne per ovviare alla carenza di illuminazione, aiutati in questo dai capicontrada.
Sorse infine una nuova professione: delle persone sostavano per la via e, dietro ricompensa, accompagnavano i passanti nella loro strada. Queste figure venivano chiamate còdega.
Nel 1732, con un notevole anticipo su altre città, la Signoria decretò che tutta Venezia venisse illuminata; l’illuminazione iniziò così a coprire tutte le zone, rendendo più sicura la via e trasformando la Venezia notturna , donandole un fascino nuovo, molto coinvolgente per i viaggiatori stranieri.
Le lampade pubbliche, chiamate ferai, arrivarono ad essere 843. Erano in vetro, funzionavano a olio e dovevano restare accese fino all’alba; molte di queste però venivano rotte con sassi e bastoni dai còdega, che stavano perdendo il loro lavoro.
Vennero perciò subito emanate delle severe sanzioni per chi fosse stato sorpreso a distruggerle; le stesse pene valevano anche per gli incaricati del servizio (gli inpizadori) che omettevano di accenderle o usavano poco olio. Così la professione del còdega lentamente scomparve.
Restava il problema di reperire i fondi necessari, in quanto le oblazioni dei privati non bastavano più , e si pensò ad una tassa apposita che gravasse su tutti i cittadini (nobili compresi, esclusi più poveri). In seguito fu avviato un censimento sui redditi del a cittadinanza per stabilire una generale equità.
Negli anni successivi vi furono altri problemi pratici, come la gestione di tutta l’illuminazione, che fu affidata con appalti a vari imprenditori e, non ultimo, l’approvvigionamento dell ‘olio di oliva di seconda scelta che erviva per i ferai e l’amministrazione dello stesso, che dava occasione a conseguenti truffe allo stato.
Nlel 1758 gli impizadori erano 138 e si occupavano di 1750 ferai pubblici. Nel 1777 uno dei Magistrati alle Pompe, Giovanni Battista Contarini, studiò il sistema di illuminazione della città di Amsterdam, che usava un altro tipo di olio, e lo propose a un Senato, purtroppo , ormai in disarmo.
Con la caduta della Repubblica e l’avvento della dominazione austriaca la situazione non cambiò molto.
Nel 1843 tutte le lampade pubbliche vennero trasformate e l’olio venne sostituito dal gas.
L’accensione veniva sempre effettuata a mano, fin quando la tecnologia non ne permise una automatica.
Partendo da San Marco ebbe luogo la modificazione di tutti i fanali, che furono ricostruiti in ferro e vetro.
Verso la fine dell’Ottocento cambiò anche l’illuminazione della piazza e della zona di Rialto, con la posa di una serie di lampioni metallici con la lanterna quadrata e con la base in pietra. Gli artigiani più bravi della città fecero a gara per creare lampioni e lampade in lamiera, ferro battuto e vetro, con decorazioni artistiche che abbellirono varie calli e campi.
Nel 1924 il Comune decise di uniformare l’aspetto dei fanali e di ottimizzare il loro posizionamento nella città; dopo vari studi tecnici e artistici, nel 1926 mise in opera il nuovo assetto dell’illuminazione venezia na.
La corrente elettrica, già arrivata a Venezia in via sperimentale nel 1887 soltanto per i privati e in una piccola zona centrale, sostituì il gas delle lampade pubbliche nel 1927. Da quel momento, perdersi a Venezia specialmente di notte, diventò davvero una storia affascinante.