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I 500 anni del Ghetto: Storia, Ostacoli, Creatività e Conquiste

Originally posted on 27 Marzo 2016 @ 7:03

Nel 2016 il Ghetto Ebraico di Venezia, il più antico del mondo, compie cinquecento anni: cinque secoli di storia piena di cultura e personaggi, ostacoli, creatività e conquiste.

Il 29 marzo 1516, sotto il dogado di Leonardo Loredan, il Senato veneziano decreta che tutti “li giudei debbano abitar unidi” in una zona recintata e sorvegliata della città: nasceva il primo ghetto ebraico. Nel 2016, dunque, il Ghetto di Venezia compie cinquecento anni – mezzo millennio di storia densa di ostacoli, di straordinari personaggi e di architetture riconoscibilissime.

La parola prende origine dal nome della zona di Venezia in cui gli Ebrei vennero relegati a partire dal 1516.

La zona ospitava una fonderia ed era conosciuta come ‘geto’ (intendendo i getti di metallo fuso).

La trasformazione in ghetto si deve agli Ebrei Aschenaziti, originari della Germania, che pronunciavano la g dura.

All’inizio del Cinquecento gli sconvolgimenti della guerra della Lega di Cambrai portarono numerosi ebrei a riversarsi dalla terraferma a Venezia, destando sospetti e preoccupazioni da parte dei residenti cristiani. Il 29 marzo 1516 il Senato mise mano alla questione, stabilendo che tutti gli israeliti dovessero obbligatoriamente risiedere nella località del Ghetto Nuovo. Nasce così un’istituzione, che verrà poi ampiamente applicata anche nel resto d’Europa.

Il Ghetto Nuovo si presenta tuttora come un’isola, i cui accessi avvengono solo tramite due ponti. In corrispondenza di questi esistevano dei robusti cancelli, che venivano chiusi e sorvegliati di notte, poiché agli abitanti era permesso uscire dal quartiere solo di giorno e con dei segni distintivi.

Tutto ciò non impedì la crescita demografica della comunità, favorita anche da consistenti ondate immigratorie da tutta l’Europa. Per ricavare un numero sufficiente di alloggi si dovette provvedere all’espansione in verticale degli edifici; tutt’oggi le costruzioni del Ghetto, caso unico a Venezia, si caratterizzano per la notevole altezza, sino ad otto piani.

Ciononostante, le autorità veneziane si trovarono costrette, in due occasioni, ad ampliarlo: nel 1541 venne aggiunto il Ghetto Vecchio, concesso ai cosiddetti ebrei Levantini, giunti dalla penisola Iberica e dall’impero Ottomano; nel 1633 venne aperto il Ghetto Novissimo, una piccola area a est del Ghetto Nuovo, composta da appena due calli. Anche queste aree dovettero essere provvedute di ingressi sorvegliati.

Nel corso del Cinquecento vennero edificate varie sinagoghe, una per ogni gruppo di omogenea provenienza. Così sorsero la Schola Grande Tedesca, la Schola Canton (rito ashkenazita), la Schola Levantina, la Schola Spagnola e la Schola Italiana. Gli edifici costituiscono tuttora un complesso architettonico di grande interesse.

Via via la comunità si consolidava economicamente ed era ricca di fermenti culturali. Tradizionalmente gli ebrei veneziani esercitavano l’usura, o quella che veniva definita tale, cioè di fatto un’attività creditizia che ai cristiani era impedita da motivi religiosi, in quanto si riteneva contrario alla morale lucrare interessi su somme date a pegno. Rimangono numerosissime testimonianze letterarie ed epistolari di questa attività, in quanto andare in ghetto a contrarre un prestito o a riscattare degli oggetti tenuti per garanzia faceva parte degli usi abituali.

 



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