Originally posted on 24 Febbraio 2017 @ 7:02
Belluno, si arricchisce di un altro prezioso gioiello: Palazzo Fulcis.
Palazzo Fulcis, posto nel cuore del centro cittadino, affacciato su via Roma, di fronte allo storico Teatro Comunale.
Il palazzo settecentesco, un tempo dimora di una delle famiglie più in vista della città, oggi diventa di tutti i bellunesi. Ed è destinato a diventare il gioiello culturale delle Dolomiti (il restauro è costato otto milioni di euro, finanziati dalla Fondazione Cariverona).
Durante il restauro di palazzo Fulcis – tremila metri quadrati di spazio espositivo su cinque piani e 24 stanze – è stata scoperta, nel cortile, una necropoli.
All’interno del palazzo potete ammirare più di seicento opere realizzate tra il Medioevo e il Novecento (da Bartolomeo Montagna a Domenico Tintoretto, da Matteo Cesa ad Andrea Brustolon, da Marco e Sabastiano Ricci, ad Ippolito Caffi).
Ma anche preziose collezioni di porcellane, bronzi e placchette rinascimentali, raccolte di disegni e incisioni di altissimo pregio.
Palazzo Fulcis deve il suo nome alla nobile famiglia bellunese Fulcis, attestata come residente in Belluno già dal Trecento ed iscritta al Consiglio dei Nobili dal 1512.
Poco si conosce sulla storia del palazzo nei secoli che precedono il Settecento. Certo è che nel 1776 l’architetto Valentino Alpago Novello (1707-1793) si occupa, in occasione delle nozze di Guglielmo Fulcis con la contessa trentina Francesca Migazzi de Vaal, dell’ampliamento del palazzo.
Palazzo Fulcis viene arricchito con l’elegante e possente facciata su via Roma. Vengono creati due monumentali portali di accesso e un imponente scalone.
La dimora viene dotata inoltre di una grandiosa sala d’onore. E gli spazi interni vengono impreziositi con decorazioni a stucco e straordinari pavimenti in seminato, a motivi rococò.
Di nuovo ci sono gli impianti di sicurezza e condizionamento. Una nuova scala principale ed un ascensore, tutto trasparente per accedere ad ogni piano.
Interventi necessari all’adeguamento funzionale del nuovo Museo Civico di Belluno.
Oggi spiccano, più belli che mai, i delicati decori del piano nobile e gli affreschi che arricchiscono il soffitto del Grande Salone del secondo Settecento. E gli affreschi di fine Ottocento. Che animano altri ambienti del palazzo.
Nel restauro del Fulcis sono stati recuperati anche i pavimenti con motivi rocaille e gli stucchi tardo barocchi.
Palazzo Fulcis è già di per sé un’opera d’arte e riuscire ad inserire l’intera collezione del Museo Civico di Belluno, che consta di ben 600 opere, in degli spazi così fortemente connotati, non è stata un’impresa semplice.
Quali sono le opere che si possono ammirare tra le stanze del Fulcis?
A questa si aggiunse presto un’altra donazione, quella di Carlo Miari che decise di regalare l’intera raccolta del padre Florio che consta di bronzi, medaglie, placchette, monete, sigilli, manoscritti e libri.
Il Museo Civico di Belluno conserva delle splendide collezioni. A cominciare dalla collezione Zambelli. Una delle più importanti raccolte di porcellane del Settecento del Veneto.
La collezione di gioielli Prosdocimi Bozzoli. I bronzetti e le placchette del conte Florio Miari, donate al museo dal figlio Carlo. Le matrici xilografiche della tipografia Tissi, e le raccolte grafiche. Tra le quali spiccano i disegni di Andrea Brustolon, i lavori di Diziani, fino ai fogli di Demin e Paoletti. E poi ancora le stampe da collezione, tra le quali c’è il fondo Alpago-Novello che consta di oltre 1400 fogli.
In questa splendida dimora dell’arte vivono, attraverso le loro opere, due bellunesi attivi nel Quattrocento e Cinquecento. Sono Simone da Cusighe e Matteo Cesa. Poi c’è Jacopo da Montagnana, ritenuto uno degli artisti più importanti per la diffusione, nella terraferma veneta, del linguaggio rinascimentale di Giovanni Bellini e Antonello da Messina. Pomponio Amalteo, Domenico Tintoretto, Bernardino Licinio, Francesco Frigimelica o Palma il Giovane.
Nelle stanze del secondo piano del Museo Civico di Belluno si possono incontrare alcune tra le personalità più importanti che popolano il museo. E allo stesso tempo approfondire i temi conduttori nodali per la storia dell’arte a Belluno.
Per quanto riguarda il tema del paesaggio, gli artisti chiave sono Marco Ricci, Antonio Diziani, Giuseppe Zais, fino a Ippolito Caffi e Alessandro Seffer.
Belluno è stata anche terra di scultori del legno, tra i quali spiccano Valentino Panciera Besarel. E il più famoso Andrea Brustolon.
Un’occasione irripetibile per scoprire la città di Dino Buzzati. Belluno è l’unico capoluogo in Italia il cui territorio fa parte di un parco nazionale, quello delle Dolomiti Bellunesi. Incorniciata da splendide montagne, la città sta puntando a valorizzare la propria identità dal punto di vista culturale.
L’esposizione prosegue con la scultura dell’Ottocento e con le opere di tematica risorgimentale e ritrattistica.
I bellunesi dal Cinquecento all’Ottocento
Sempre al secondo piano di Palazzo Fulcis e più precisamente in uno dei corridoi coperti che si affacciano sul cortile, è esposta la raccolta di tavolette votive della chiesa di Sant’Andrea. Porta il visitatore subito indietro nel tempo. Alla scoperta della grande devozione ma anche dei costumi del popolo bellunese.
Sebastiano Ricci si può definire la punta di diamante del Museo Civico. Nato a Belluno nel 1659, durante la sua vita ha lavorato da nord a sud Italia, ma anche in Inghilterra e Francia.
Al museo sono esposte La Pazienza di Giobbe, un’opera del Seicento. Il Riposo durante la fuga in Egitto, espressione di uno stile nuovo e più libero, probabilmente del periodo inglese. La Testa della Samaritana, proveniente dal perduto ciclo di villa Belvedere a Belluno datata 171. Il satiro e la famiglia del contadino, opera questa della produzione matura, caratterizzata dalla maniera “di tocco” sviluppata da Ricci.
Altre tre opere del pittore bellunese, conservate al Museo Civico, esulano però dal percorso museale e sono esposte al terzo piano, in attesa di tornare nella loro sede originale, vale a dire il camerino Fulcis. Esse sono la monumentale Caduta di Fetonte, l’Ercole e Onfale e l’Ercole al bivio.
Pubblicato il: 24 febbraio 2017
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