Originally posted on 28 Aprile 2016 @ 7:03
A Palazzo Venier dei Leoni, sede della Collezione Peggy Guggenheim, dal 23 aprile al 19 settembre 2016, ci sarà la mostra “Imagine. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969”, a cura di Luca Massimo Barbero.
Nell’Italia dei primi anni Sessanta, al culmine del miracolo economico, le sperimentazioni artistiche si susseguono, si mescolano e si intrecciano con rapidità straordinaria. L’obiettivo comune è costruire un nuovo vocabolario di segni e immagini, che possa restituire il fermento della società e della cultura italiana contemporanea. Proprio alla ricchezza propositiva ed eterogenea di questo decennio è dedicata la mostra, che si offre come una possibile lettura della varietà degli aspetti di quella vitalità creativa.
È, infatti, il tema dell’immagine il fil rouge di un percorso che si snoda attraverso sguardi e prospettive originali, e che prendendo avvio dal superamento del monocromo analizza la nascita di un nuovo linguaggio rappresentativo di un momento meno noto e approfondito dell’arte italiana.
Il percorso espositivo prende il via dall’emblematica opera di KounellisMargherita di fuoco (1967) come se la mostra, simbolicamente, nascesse proprio dall’elemento del fuoco. Si procede per «inciampi e finte consequenzialità, ogni sala vuole essere sinteticamente emblematica di un aspetto della ricerca artistica dei protagonisti di questi anni», afferma il curatore.
Ad “aprire le danze” una sezione dedicata alle indagini di cancellazione e schermatura della realtà, con i Filtri e i Metalli di Lo Savio, i Monocromi di Schifano, gli Schermi di Mauri, in dialogo con le forti immagini velate tra il politico e l’araldico di Angeli.
Si passa poi alla nascita di una nuova tipologia di immagine, che guarda alla storia e soprattutto all’influenza quotidiana che l’arte ha nell’immaginario collettivo italiano.
Con le opere della Fioroni(Particolare della nascita di Venere, 1965) e di Festa (Nostalgia dell’infinito (Obelisco), 1963, La grande Odalisca, 1964) queste immaginilegate alla storia dell’arte diventano una nuova mitologia, e si fa forte l’eco di classicità.
Come reazione e confronto a un’immagine pittoricamente poetica, si entra nell’universo di Gnoli, alle cui particolarissime immagini lenticolari è dedicata un’intera sala, con lavori come Due Dormienti (1966), Letto Bianco (1968).
Centrale all’interno del percorso espositivo è poi un momento di convivenza tra immagine e mezzo fotografico, strumento sempre più presente nelle avanguardie di questi anni. Di qui si innesca una sorta di ambiguità, nonché libertà interpretativa, del concetto di immagine stessa intesa ora come immaginazione, pensiero e metafora rappresentativa di un’altra situazione.
Il mondo del cinema e dei media di Rotella (Posso?, 1963-65) e Schifano quasi si scontra con la profonda e “classicamente moderna” immagine concettuale di Paolini (Poussin che indica gli antichi come esempio fondamentale, 1968) o con gli oggetti, destinati ad avere parte attiva-performante, quali il Mappamondo(1966-1968) di Pistoletto.
Con la ricchezza della metafora incarnata dalle creazioni di Kounellis (Rosa bianca 1967) si completa questa prima indagine intorno alle nuove possibilità interpretative dell’immagine.